top of page

Crescita personale, consapevolezza di sé e degli altri.

Questo blog vuole proporre un insieme di informazioni, articoli e slide, che possono essere utili al raggiungimento di una maggiore consapevolezza di sé e degli altri e il raggiungimento di una crescita personale.

In questo blog troverete articoli scritti da me su vari argomenti di psicologia e benessere mentale, troverete presentati attraverso una galleria messaggi volti a spiegare il funzionamento dell'essere umano ed aiutare le persone a trovare strategie nuove per un miglior benessere mentale e relazionale.

 

BUONA LETTURA!


una coppia che tiene un gatto in braccio
pet therapy

Introduzione alla Pet Therapy.

La pet therapy è una forma di terapia in cui si lavora "sull’espressione delle emozioni".

Il terapeuta che la applica utilizza alcuni animali (quali cani, cavalli, delfini e gatti) al fine di aiutare il paziente a migliorare nelle "aree emotive, sociali e comportamentali".

La "comunicazione verbale" che il terapeuta utilizza durante le sessioni è finalizzata ad aiutare il paziente ad esternare i pensieri, le emozioni e la sofferenza che, attraverso la condivisione tra lui e l'animale, sperimenta.

Negli anni ’60 lo "psichiatra infantile Boris Levinson" è stato il primo a coniare il termine “Pet Therapy”, attribuendogli anche valore scientifico. Oggi la "Pet Therapy" in Italia viene riconosciuta come utilizzabile per la cura di anziani e bambini.

In realtà l’addomesticamento degli animali da parte dell’uomo ha origini molto antiche, ma solo all’inizio del XX secolo si è capita l'mportanza degli animali nel produrre "effetti positivi e terapeutici" nella psiche umana ed in alcune patologie fisiche.


1.Trama film

Hachiko è un film del 2009, remake del film giapponese del 1987, basato sulla "storia vera" del cane giapponese Hachiko.

Parker Wilson è un professore di musica che fa il pendolare per andare e tornare dal lavoro. Una sera, arrivando in stazione, trova un cucciolo di akita smarrito e decide di portarlo a casa per accudirlo, in attesa che il padrone venga a reclamarlo. La moglie è inizialmente contraria a tenere il cucciolo, ma vedendo il "legame d'affetto" che il cucciolo e suo marito hanno subito instaurato, decide di ricredersi.

Parker viene in seguito a sapere che gli "Akita" sono cani piuttosto particolari, in grado di sviluppare con il proprio padrone un legame molto più forte di quello che può nascere in cani di altre razze. Il cane col tempo lega profondamente con il padrone, al punto che arriva ad accompagnarlo ogni mattina alla stazione per poi tornarvi alle cinque del pomeriggio, orario in cui solitamente il professore rientra dal lavoro, per accoglierlo.

Una mattina Parker si reca al lavoro come al solito, ma durante una lezione in aula è colto da un malore e muore. Il cane, come ogni giorno, si reca alla stazione all'orario in cui solitamente il suo padrone arrivava, ma non vedendolo decide di aspettarlo, finchè il genero di Parker lo va a prendere e lo riporta a casa.

La figlia di Parker e suo marito decidono di tenere il cane a casa loro, ma alla prima occasione il cane scappa e ritorna alla stazione. Capendo che non c'è modo di impedirgli di scappare per recarsi in stazione tutti i giorni, decidono di lasciarlo libero di fare quello che vuole.

Così Hachiko continua a recarsi ogni giorno alla stazione, attendendo invano l'arrivo di Parker, e con il passare del tempo viene notato dai pendolari, ferrovieri e negozianti locali, che lo nutrono e se ne prendono cura. Dopo 10 anni Hachiko è ormai vecchio e malconcio ma continua a farsi vedere in stazione in attesa di Parker. Il tempo continua a scorrere e un giorno Hachiko guarda la porta della stazione, stanco e ormai in procinto di morire. Nei suoi ultimi istanti rivede la sua vita con Parker, prima di esalare l'ultimo respiro e in una commovente scena finale, cane e padrone si incontrano nuovamente nel mondo ultraterreno.


2.Sul legame tra animale e padrone, dalla letteratura alle filmografie.

Storie vere come questa sono state raccontate in altri film e letterature.

Dalla storia vera di "Greyfriars Bobby" (un cane di razza terrier) divenuto famoso nel diciannovesimo secolo ad Edimburgo, Scozia, per aver passato quattordici anni della sua vita davanti alla tomba del padrone, fino alla propria morte. In onore del quale è stata eretta una statua nel centro della città ed è stato girato un film nel 1961.

Al più recente "A spasso con Bob", titolo originale "A Street Cat Named Bob", dove James Bowen, autore del libro da cui è poi stato realizzato successivamente il film nel 2016, ci racconta come una gatto trovato per strada da lui adottato gli ha completamente cambiato la vita, aiutandolo a liberarsi dalla dipenza da droghe e a regolamentare la sua vita.

Ma anche la fiction ha spesso riportato l'importanza del legame tra uomo e animale, da Lassie, a Balto, Free Willy, Flipper il delfino, "War Horse" che è un tributo ai tanti cavalli morti in guerra.


3.Benifici di chi possiede un animale di compagnia.

E' scientificamente provato oggi che possedere una animale domestico produce effetti positivi sia a livello di salute fisica che mentale.

E' stato provato che un animale in casa "riduce il rischio di infarti e ictus" e che chi possiede un animale domestico visita il dottore meno rispetto a chi ne è privo. Inoltre, alcuni animali possono portare nelle nostre case una serie di batteri che "rafforzano il nostro sistema immunitario" e può inibire lo sviluppo di allergie nel corso della vita.

Un aspetto particolarmente importante per i bambini, la presenza di un cane o gatto durante la crescita riducono la possibilità di sviluppare "asma" .

Per quanto riguarda invece il benessere psicologico, è stato provato che interagire col proprio animale domestico riduce lo "stress", abbassa i battiti cardiaci e "aumenta il livello di ossitocina", l’ormone dell’amore e della felicità. Uno studio, infine, dimostra che dormire in compagnia di un amico a quattro zampe "migliora la qualità del sonno".

Io stessa consiglio ai miei pazienti, per i figli, o agli anziani, o a coloro che risentono negativamente dell'uscita dei figli dal nucleo familiare, o si ritrovano separati o vedovi, ma anche ai giovani adulti che vanno a vivere da soli e alle giovani coppie, di adottare un animale domestico. L'animale non solo diventa compagno di vita, spesso un membro di famiglia, ma è anche un "antistress, un antidepressivo e anti ansia", qualcuno con cui parlare o semlicemente che ci consola attraverso le coccole, spesso agisce anche da "collante" tra i membri della famiglia e le coppie.


Conclusioni.

E' ormai scientificamente provato che chi ha in casa un pet (animali domestici o addomesticati) vive meglio, è più sereno e le liti domestiche diminuiscono parecchio.

In Italia non si è ancora giunti ad una regolamentazione chiara e unica, di fatto la pet therapy non viene riconosciuta come "terapia", e quindi nella maggior parte dei casi non esistono finanziamenti degli enti sanitari pubblici, anche se vengono portate avanti dalle onlus associazioni di volontariato.

Resta il fatto però che possedere un animale aiuta le persone a vivere meglio, spesso anche solo quella passeggiata di 30 minuti col cane, per non parlare di chi ha la fortuna di possedere un cavallo e poter andare a spasso in mezzo alla natura, aiuta a scaricare stress e tensioni, in modo più salutare di una sigaretta o di un bicchiere o due di alcolici.

Provate a fare un bagno coi delfini per capire cosa vuole dire.


Per saperne di più o per esprimere commenti scrivetemi.




  • Immagine del redattore: Dott.ssa Anna Rita Mancini
    Dott.ssa Anna Rita Mancini
  • 30 ott 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

immagine di una famiglia moderna
modern-family

Come si può vedere nella serie televisiva "Modern Family" partita nel 2009, parlare oggi di "famiglia", "relazioni familiari", "rapporti genitori figli", apre tutta una serie di sfumature a cui anche la psicologia e i metodi psicologici con cui si affrontano le dinamiche e le problematiche familiari si sono dovuti adeguare.



TRA FAMIGLIA TRADIZIONALE E FAMIGLIA MODERNA.
La struttura familiare si è inevitabilmente evoluta negli anni.
La legge sul divorzio è stata la prima a contribuire a questo cambiamento.
Le "famiglie nucleri tradizionali a struttura mono-nucleare" sono evolute in "famiglie bi-nucleari", alcune delle quali a loro volta si sono trasformate in "famiglie pluri-nucleari" e "pluri-genitoriali".
Sto parlando ovviamente di "famiglie ricomposte" dove uno o entrambi i genitori hanno già una responsabilità genitoriale che spesso interferisce con le dinamiche della nuova coppia, o della famiglia, nel caso in cui la nuova coppia costituisca un nuovo nucleo familiare (ovvero decidano di avere dei figli loro).

Queste famiglie si trovano a dover affrontare diverse problematiche:
I membri che le compongono devono fronteggiare sentimenti di separazione, abbandono, ricomposizione del nucleo familiare, si trovano a gestire vari conflitti.
La quotidianità è vissuta oltre lo spazio condiviso (specialmente i figli che migrano da una famiglia all'altra nei giorni designati), facendo nascere fantasie e sentimenti di gelosia relativamente a quello che succede quando non sono presenti.
Ogni nucleo familiare ha le sue abitudini, i propri progetti di vita, differenti dinamiche relazionali e affettive.
Nelle famiglie ricomposte i partner degli ex coniugi sono figure genitoriali di complemento e devono trovare un loro spazio relazionale-educativo.

Non è facile gestire da soli la complessità delle dinamiche in gioco, spesso si commette l'errore di adottare "strategie di coping" che portano la coppia ad arenarsi e così ad alimentare conflitti, ambiguità o esclusione del partner dall'educazione dei figli acquisiti per non creare competizione col genitore biologico.
Per questo è indispensabile rivolgersi ad un professionista che aiuti la coppia genitoriale a funzionare in modo adeguato e costruttivo, nell'interesse non solo dei figli, ma anche della coppia stessa.
Vediamo nello specifico com'è il lavoro del terapeuta con le famiglie moderne.

COME SI COMPORTA LA PSICOLOGIA OGGI DI FRONTE A QUESTI PROBLEMI?
Dal momento che non si può più parlare di "famiglia nucleare tradizionale", il focus dell'analisi oggi non verte più sulla "cultura della devianza", quella che ha prevalso fino agli anni ottanta, ma sulla "cultura della differenza".
Si analizzano i modelli relazionali nei diversi tipi di strutture familiari, le diverse circostanze di vita delle famiglie ricostituite, le relazioni e i rapporti tra tutti i membri delle famiglie ricostituite, invece di evitare i problemi si spingono i vari membri familiari ad affrontare le nuove tematiche e criticità.
Si analizzano tutte le risorse a cui attingere per risolvere i problemi non più tradizionali, nell'ottica appunto del evidenziare le differenze.

E NELLE COPPIE GAY COME SI PROMUOVE IL BENESSERE FAMILIARE E IL SOSTEGNO ALLA GENITORIALITA' ?
Chi sono le "famiglie omogenitoriali"? Sono famiglie con genitori omosessuali, ma anch'esse presentano diverse tipologie di strutture e composizione.
La principale macro distinzione è tra famiglie i cui figli sono stati concepiti in una precedente relazione eterosessuale e cresciuti successivamente nella nuova relazione omosessuale (di uno o entrambi i genitori), come accade per le "famiglie ricomposte" eterosessuali, e le famiglie i cui figli sono concepiti all'interno della relazione omosessuale, chiamate "famiglie di prima costituzione".
I vissuti dei figli all'interno di questi due tipi di famiglie sono molto diversi.
Nella prima tipologia i figli passano attraverso "il divorzio" e la "rivelazione" dell'omosessualità del/dei genitori. Mentre i vissuti dei genitori assumono, oltre alle dinamiche già viste nelle "famiglie ricomposte", problematiche legate ai vissuti del ex coniuge, dei figli, dei contesti sociali, micro e macro.
L'aspetto più rilevante in questa tipologia di famiglia è legato alla "percezione" del genitore che ha fatto coming out nei confronti dei figli, ma anche col mondo esterno, che cambia in modo radicale rispetto a quella tradizionale.
Questa problematica non si presenta nelle "famiglie di prima costituzione" in quanto la percezione è intrinsecamente connaturata nel nucleo familiare prima ancora della nascita dei figli.
Questa macro distinzione negli anni ha portato di fatto alla nascita di due diverse Associazioni in Italia, Rete Genitori Rainbow "famiglie ricomposte" provenienti da precedenti nuclei familiari etero, e Famiglie Arcobaleno "famiglie di prima costituzione" omogenitoriali.
Questo perché il sostegno e l'aspetto psicopedagogico varia in funzione delle problematiche e dinamiche che si presentano.

COSA FA IL TERAPEUTA?
Il sostegno alla genitorialità delle coppie gay cambia connotazione a seconda dell'origine del nucleo familiare, poiché cambiano i vissuti, le percezioni (proprie e da parte degli altri), le dinamiche che erano in gioco, soprattutto in relazione al sociale.

Ad esempio nelle "famiglie ricomposte" il tema della gestione del "coming out" è più presente che nelle "famiglie di prima costituzione", inoltre sono presenti problemi che in una famiglia già definitasi omogenitoriale non ci sono, come ad esempio lo stigma, il doversi nascondere e vivere la propria omosessualità in modo privato.
Il terapeuta deve tener conto delle differenze legate alla tipologia di famiglia, alla coppia omosessuale e omogenitoriale.
Nel caso delle "famiglie ricomposte" è importante lavorare sul superamento dell'imbarazzo, sul coming out, sul viversi non più in modo privato la propria omosessualità, sui vissuti dei figli legati alla "rivelazione", sulla frustrazione del ex partner,
sulla gestione delle problematiche già viste nei casi di "famiglie ricomposte etero" aggravate dal tema dell'omosessualità (gestione dei rapporti coi figli, con l'altro genitore, l'introduzione del nuovo partner).

Nel caso delle "famiglie di prima costituzione" spesso le coppie omosessuali si approcciano al terapeuta per prepararsi in modo consapevole e responsabile all'arrivo dei figli. Successivamente è importante, più che lavorare sui vissuti già intrinsechi, esplorare i livelli di integrazione nel contesto sociale, micro e macro. Capire se esiste una rete di supporto, una connessione con altre famiglie omogenitoriali ad esempio, che può conferire un significato di identità e validazione alla famiglia.

Il terapeuta lavora anche per aiutare genitori e figli a fronteggiare il pregiudizio esterno e a gestire frustrazioni legate a situazioni di imbarazzo e rifiuto. E' fondamentale anche una collaborazione con il contesto sociale e scolastico, inteso come sensibilizzazione, formazione e guida, al fine di rendere l'esperienza della famiglia più possibile positiva.

Se avete domande scrivetemi e vi risponderò in tempi brevi.
  • Immagine del redattore: Dott.ssa Anna Rita Mancini
    Dott.ssa Anna Rita Mancini
  • 24 ott 2023
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 3 nov 2023

Articolo 11 codice deontologico psicologi-privacy
art.11-codice-deontologico-psicologi


In questo articolo vorrei parlarvi di uno dei capisaldi della professione dello psicologo,

IL SEGRETO PROFESSIONALE.










Spesso mi è stata rivolta la domanda: "Il segreto professionale vale anche se il paziente è minorenne?".

La risposta è SI.

Anche ai minori è garantita Privacy e riservatezza in terapia.


Lavorando con minori mi è capitato a volte di dovermi rapportare con genitori arrabbiati perché non ero disposta a condividere con loro gli argomenti che mi riportavano i figli.

Qualche volta mi sono sentita addirittura dire "mio figlio è minorenne e perciò è mio diritto sapere cosa le dice".

Cercare di far capire al genitore che i loro figli, come chiunque altro, hanno dei diritti e che anche loro in terapia sono tutelati dalla privacy e dalla riservatezza non è sempre facile.

Iniziamo facendo un po' di chiarezza sul "segreto professionale" cui lo psicologo è "deontologicamente ed eticamente" obbligato nei confronti del paziente.


Intanto esiste una sostanziale differenza tra lo psicologo che lavora nel pubblico e lo psicologo in ambito privato.

Lo psicologo privato, a differenza dello psicologo del servizio pubblico che è un pubblico ufficiale, non ha obbligo di denuncia "per reati già commessi", non può denunciare il proprio paziente, altrimenti rischia una denuncia penale dal paziente stesso (Art.622 del Codice Penale).


Esistono però delle deroghe al segreto professionale:

Qualora il reato confessato stia per essere reiterato con possibili lesioni gravi o morte di altri soggetti (compreso il paziente stesso), vi è la deroga per giusta causa.

E' ugualmente considerata una deroga per giusta causa se è lo psicologo ad essere in pericolo di vita o di lesioni gravi.

Anche in questi casi però si riferisce agli inquirenti solo lo stretto necessario e non i dettagli delle sedute.


Dunque, tutti i pazienti, sia in ambito pubblico che privato, hanno dei diritti che sono specificati nel codice deontologico dello psicologo (reperibile nei siti degli albi).

Tra questi diritti vorrei occuparmi qua

nello specifico del diritto alla riservatezza e alla privacy.


Intanto, vediamo cos’è il diritto alla privacy.

La privacy dunque rappresenta una sorta di "diritto individuale, che tutela il singolo", è il diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della propria vita privata, uno strumento posto a salvaguardia e a tutela della sfera privata del singolo individuo contro l'intromissione da parte di terzi.

Per questo è stato inserito anche nei siti internet, Privacy policy.


Il CODICE DEONTOLOGICO si occupa di questo argomento nello specifico nei seguenti articoli:


art. 4 (DIRITTO ALLA RISERVATEZZA):

Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto. In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso.


art. 11 (SEGRETO PROFESSIONALE):

Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.


art. 12 (TESTIMONIANZA E DEROGA AL SEGRETO):

Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.


art. 13 (OBBLIGO DI REFERTO E OBBLIGO DI DENUNCIA):

Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto. Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.


Nello specifico, per quanto riguarda i minori si evince dal Capo II – Rapporti con l’utenza e con la committenza, art. 31 (CONSENSO INFORMATO MINORI):

"Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte".


Questo consenso viene sempre preventivamente fatto firmare dallo psicologo ad entrambi i genitori e tutela il minore nei suoi diritti di paziente/cliente in tutto e per tutto, inclusa riservatezza e privacy.


Ne consegue che:

  • lo psicologo non potrà svolgere attività sul minore se non con il consenso di entrambi i genitori titolari della responsabilità genitoriale, anche nel caso di affidamento esclusivo (fatte salve alcune eccezioni).

  • come indicato nel Codice Deontologico, lo psicologo deve sempre tutelare in primis la salute e il benessere di chi vi si rivolge (art.3) ed è tenuto al segreto professionale (art.11). Quindi non è tenuto ad informare la famiglia dei contenuti emersi, il segreto può essere infranto solo nei casi previsti dagli articoli 12 e 13.


Lo psicologo deve comprendere e rispettare le esigenze di riservatezza del minore, tanto più quanto è maggiore la loro età e il loro livello di maturità.


E' anche vero che l’interesse dello psicologo è sempre quello di instaurare un rapporto fiduciario forte col paziente, minore o adulto che sia: è la relazione il principale strumento di lavoro in psicoterapia. Attraverso la creazione di uno spazio personale, in questo ambiente protetto basato su un "ascolto autentico" e la "sospensione di ogni forma di giudizio", si delineerà quella particolare relazione tra terapeuta e paziente che accompagnerà quest’ultimo nel percorso di "crescita personale".

Quando un genitore cerca di intromettersi in questo rapporto lo mina e quindi mina la terapia stessa.


Resta il fatto che nei percorsi psicologici con minori i genitori vengono non solo coinvolti nel processo diagnostico (attraverso la restituzione della diagnosi), ma anche in quello terapeutico, nell'ottica di una collaborazione utile al raggiungimento degli obiettivi stabiliti in terapia.

Le informazioni condivise col genitore sono stabilite dal terapeuta in base all'utilità e i vantaggi che questo può comportare per il minore e per il successo del percorso terapeutico.

Uno degli obiettivi della terapia è quello di favorire e rinforzare il dialogo tra genitori e figli, quindi un loro coinvolgimento va sempre suggerito al paziente minorenne quando è utile.

Lo psicologo non è alleato del figlio e nemico del genitore, semmai è il ponte che punta ad unirli, per questo i genitori dovrebbero fidarsi maggiormente dello specialista a cui affidano i loro figli, e lo fanno contrattualmente nel momento in cui firmano il consenso informato.


Lo psicologo deve quindi avvalersi della sua competenza e autonomia professionale per decidere se è opportuno o meno riferire al genitore delle informazioni sul figlio senza il suo esplicito consenso, valutando attentamente se tali informazioni tutelano la salute e il benessere del minore. In altri casi invece può risultare necessario coinvolgere i genitori, ma è importante anche non rompere il rapporto di fiducia con il minore e il suo diritto alla riservatezza. In questi casi si può concordare insieme al minore stesso la modalità di contatto con i suoi genitori e i contenuti della comunicazione.


Quindi, per concludere, se lo psicologo ritiene che il suo silenzio non sia pregiudizievole per l'incolumità del minore, ha la facoltà e il "dovere etico" di garantirgli assoluta riservatezza.

Nel caso in cui invece ritenga che tenere all’oscuro i genitori possa pregiudicare l'incolumità del minore può e deve informarli, senza che ciò si configuri come violazione del segreto professionale.


Per tutti coloro che avessero domande o volessero anche solo partecipare dicendo il loro punto di vista, vi invito a scrivere nei commenti del blog o inviarmi una mail all'indirizzo annaritamancini.re@gmail.com riceverete risposte in tempi brevi.


Allego copia del modello di consenso a visione degli interessati.




Dott.ssa Anna Rita Mancini

(Psicologa-Psicoterapeuta)

P.IVA 02315480356

Privacy Policy    Cookie Policy

  • Whatsapp
  • alt.text.label.Instagram
  • alt.text.label.LinkedIn
  • alt.text.label.Facebook

© Dott.ssa Anna Rita Mancini 2023

bottom of page